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I'm going home

  • Immagine del redattore: Manuel Belli
    Manuel Belli
  • 6 set 2014
  • Tempo di lettura: 2 min

Come dimenticare l'esibizione di Woodstock del compianto Alvin Lee recentemente scomparso? La 335 rossa fiammante con tutti i simboli del flower power di allora e i sogni di una generazione intera.Alvin è stato il guitar hero per tutta la generazione musicale dei 60-70 che proveniva dal blues, dal sound del delta del sud degli stati uniti.

Certo il volume degli amplificatori era un po' più alto e il virtuosismo più marcato ma le radici blues restavano a testimoniare un lungo viaggio che veniva da lontano e che per molto temp ancora avrebbe continuato. Alvin coi "Ten years after" avrebbe calcato i palchi di tutto il mondo per risuonare (inevitabilmente come bis) le note di I'm going home a grande richiesta, croce e delizia, sogno e maledizione di ogni artista di successo. Quel brano a cui resti legato per sempre nell'immaginario collettivo e di cui non riesci più a liberarti. Ma si sa il pubblico ha bisogno dei propri miti e il rock dei suoi riti di celebrazione a cui nessuno degli adepti appartenenti a questa "liturgia" pagana può sottrarsi. Per la mia generazione che gli echi ormai lontani (ma non spenti) di Woodstock vide al cinema tutto questo rappresentava la massima espressione di quello che sarebbe presto diventato il "circo equestre del rock". Woodstock è stato il big bang l'inizio di un sogno che purtroppo per molti distrutti dalle droghe e dall'utopia sarebbe poi tristemente finito in un incubo. Ma la musica è fatta per restare ed i sogni per insegnarci a meglio comprendere la realta.....e magari a non dimenticare.

 
 
 

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