L'estetica di Amadeus nell'epoca dei social network
- Manuel Belli
- 17 dic 2014
- Tempo di lettura: 6 min
Viviamo oggi in un epoca di grande partecipazione e condivisione quale mai (almeno così pare) nella storia umana. Ciò pone alcuni interrogativi sul valore dell’arte e della scienza nell’epoca in cui tutto viene sottoposto e “triturato” dalla tirannia populista dei like della rete. Cominciamo subito col dire intanto che Arte e mercato, o acclamazione popolare, o compiacenza e accettazione di una determinata proposta artistica da parte delle masse e dei consumatori, o fruitori a volte coincidono. Un esempio fra i tanti a favore di questa tesi, è costituito certamente dai Beatles. Il famoso quartetto di Liverpool si impose all’attenzione internazionale negli anni 60 e pur avendo venduto milioni di copie coi loro dischi, difficilmente potrebbero essere considerati esclusivamente un gruppo “commerciale” o quantomeno non solo.
E’ indubbio il valore artistico di uno dei gruppi che ha segnato il corso della moderna storia della musica. D’altro canto è noto che per esempio Rita Pavone ha venduto in Italia più o meno nello stesso periodo milioni di dischi ma nessun critico musicale mi pare abbia mai gridato al “miracolo” in senso artistico, (senza voler nulla togliere alla pur bravissima e simpaticissima interprete). Ovviamente di esempi del genere nell’uno e nell’altro senso la storia della musica e dell’arte sono pieni e non avrebbe senso continuare in questo impietoso elenco, limitiamoci quindi ad affermare che a volte arte e mercato, quindi qualità e vendite, o riconoscimenti da parte del pubblico possono coincidere, ma non sempre. Quindi la relazione A+M=Q non è univoca ma va sondata caso per caso a volte sarà vera e a volte falsa. Si potrebbe aggiungere che per alcuni (in alcuni periodi e spazi) potrebbe essere vera e per altri (in altrettanti periodi e spazi) falsa essendo l’arte in ultima analisi un esperienza soggettiva a insindacabile giudizio del pubblico (speriamo pagante) un argomento sul quale avrò modo di tornare. Per il momento diciamo che la nostra relazione A+M=Q è sia Vera (V) che Falsa (F) Quindi A+M=Q → V/F Definire cosa sia il mercato è indubbiamente molto più facile che dare una definizione di arte. A questo proposito la libera enciclopedia della rete Wikipedia dice: L’arte, nel suo significato più ampio, comprende ogni attività umana – svolta singolarmente o collettivamente – che porta a forme di creatività e di espressione estetica, poggiando su accorgimenti tecnici, abilità innate o acquisite e norme comportamentali derivanti dallo studio e dall'esperienza. Nella sua accezione odierna, l'arte è strettamente connessa alla capacità di trasmettere emozioni e "messaggi" soggettivi. Tuttavia non esiste un unico linguaggio artistico e neppure un unico codice inequivocabile di interpretazione. Nel suo significato più sublime, l'arte è l'espressione estetica dell'interiorità umana. Rispecchia le opinioni dell'artista nell'ambito sociale, morale, culturale, etico o religioso del suo periodo storico. Alcuni filosofi e studiosi di semantica, invece, sostengono che esista un linguaggio oggettivo che, a prescindere dalle epoche e dagli stili, dovrebbe essere codificato per poter essere compreso da tutti, tuttavia gli sforzi per dimostrare questa affermazione sono stati finora infruttuosi.
E’ sufficiente scorrere questo breve testo introduttivo per comprendere che questa definizione è troppo generica e poco significativa ma tant’è. Una delle definizioni dell’arte è che è certamente un fenomeno in qualche modo indefinibile di per se. Ma dove possiamo allora tracciare una riga fra ciò che è arte e ciò che non lo è? Per esempio “è arte se tutti la riconoscono come tale e se vi è un ampio consenso su di essa”, questa almeno sembrerebbe essere una definizione ragionevole e accettabile, ma “ampio consenso” nella società capitalistica e postindustriale odierna significa mercato e quindi vendita (o almeno condivisione) ma questo postulato come abbiamo appena visto non combacia con la relazione: A+M=Q → V/F e rimane quindi indimostrabile per il momento. Proviamo allora a fare qualche considerazione più ampia per aiutarci ad “accerchiare” il fenomeno e a comprenderlo meglio. Nel noto film di Milos Forman “Amadeus” sulla vita e le gesta di Mozart vi è ad un certo punto rappresentata una scena in cui il reggente Austriaco dopo la rappresentazione della prima Viennese del “Ratto del serraglio” si complimenta con il giovane compositore alla sua corte esprimendogli le sue lodi ma anche criticando la forma in cui è esposta l’opera adducendo che vi siano in definitiva “troppe note” e che l’opera finisca per soffrirne. Un Mozart offeso e stizzito replica allora a sua maestà dicendo che la sua opera contiene solo le note che servono e che se sua grazia si degnerà di dirgli esattamente quali note vadano cancellate egli provvederà in tal senso.
In questo episodio illuminante della vita di Mozart (non ci è dato di sapere quanto apocrifo ma non importa ai fini della discussione) sono contenuti alcuni elementi fondamentali per la nostra “critica estetica”. Il primo elemento implicitamente contenuto nella risposta di Mozart è che un opera può essere criticata solo da chi ha la capacità tecnica di comprenderla (un critico o un musicista professionista) Il secondo elemento implicito nella risposta di Mozart è una semplice domanda: Quanto sei in grado di comprendere tu della mia opera? Ora passiamo per un attimo dall’arte alla scienza, un ragazzino o uno studente annoiato (e il mondo è pieno di studenti e ragazzini annoiati) potrebbe senza dubbio affermare o scrivere come è più facile che accada oggi su un qualunque social network. “il teorema di Pitagora fa schifo” oppure la teoria della relatività non mi piace. Tutte cose legittime alla sua età ed è molto probabile che il ragazzino in questione raccolga anche molti consensi intorno alla sua affermazione “populista” magari con centinai forse migliaia di like come usa oggi. Questo renderebbe forse il teorema di Pitagora o la teoria della relatività meno veri e scientifici? La scienza (per fortuna) non si approva certo coi referendum in mezzo a gente che non la comprende (sia che si tratti di simpatici adolescenti che di ben più temibili promulgatori e istigatori religiosi) ma a ben pensarci forse la stessa categoria di pensiero può essere applicata anche all’arte se seguiamo il ragionamento di Mozart: “Quanto sono realmente in grado di comprendere ciò che ascolto, vedo sento?” Qui entra in gioco “l’estetica scientifica” dell’arte rispetto al facile gioco populista I like, vs I don’t like. Non basta dire mi piace o non mi piace (che non sono certo categorie estetiche) se non ne so spiegare le ragioni o addirittura “intervenire” su di esse. Torniamo al nostro Mozart rappresentato da Milos Forman che è certamente una guida interessante (seppur involontaria) nel nostro immaginario “girone dei canoni estetici contemporanei”. Un’altra scena illuminante ai fini della nostra discussione è rappresentata dalla visita di Mozart a corte dall’imperatore. Il compositore di corte Salieri è presente insieme a cortigiani e notabili ed ha per l’occasione composto una marcetta di benvenuto per il grande musicista che l’imperatore suona con poca dimestichezza al clavicembalo durante il suo arrivo. Dopo una serie di discussioni e convenevoli il re consegna nel congedarsi a Mozart la partitura della marcetta che Salieri ha composto per lui, partitura che Mozart cortesemente rifiuta asserendo di averla già imparata tutta a memoria. L’imperatore decide quindi di mettere alla prova il musicista e chiede a Mozart di suonare il brano. Wolfang si seide alla tastiera e non solo ricorda il brano alla perfezione ma mentre lo suona per la prima volta nell’eseguirlo nota e descrive le parti che possono essere migliorate del brano lo infiorisce, lo abbellisce (con estremo imbarazzo per Salieri naturalmente) e trae infine un esecuzione magistrale da ciò che fino a pochi attimi prima era una semplice canzonetta da osteria.
Ancora una volta il significato è molto chiaro. Mozart è certamente “irriverente” (ma i geni in qualche modo lo sono sempre) ma soprattutto conosce e capisce alla perfezione quello che fa e che dice in termini musicali. Il brano di Salieri infatti esce decisamente migliorato dopo il trattamento Mozartiano, il che significa che Wolfang da maestro quale è può permettersi di fare ciò che invece l’imperatore "balbetta" senza molto senso a proposito delle sue opere. Si può criticare a fondo un opera (non dicendo mi piace o non mi piace nel linguaggio scimmiesco di oggi) ma solo se si è in grado in qualche modo di smontarla e ricostruirla, cosa che Mozart è in grado perfettamente di fare…….. ma che dire degli altri? Queste “rivelazioni” insieme ad altre nel film di Forman colpiscono decisamente l’ego dell’ascoltatore comune (oggi come allora), ma non bisogna dimenticare che il tema del film non è tanto la vita e le vicende del compositore (qui piuttosto romanzata sulla piece teatrale che fa di Salieri un omicida) quanto il rapporto tra arte e genio, mediocrità e successo, viltà e rapporti umani. Non a caso la domanda finale del film (mentre il povero Mozart viene calato in una fossa comune di cui non resterà traccia delle sue mortali spoglie) è perché all’epoca Salieri fu un compositore stimato e conosciuto con sicuramente una lapide da qualche parte, (a differenza di Mozart che conobbe molti alti e bassi) mentre oggi è l’esatto contrario?
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